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Attività sanitarie

Caratterizzazione biologica e funzionale dei melanomi mucosali

Caratterizzazione biologica e funzionale di nuove mutazioni somatiche nei melanomi mucosali del tratto sino-nasale.

I melanomi mucosali sono neoplasie rare, ma molto aggressive, principalmente localizzate nell’apparato respiratorio e gastro-intestinale. A differenza di quanto accade per i ben noti e studiati melanomi cutanei, di cui rappresentano circa il 5%, non si dispone ad oggi di modelli sperimentali validi per il loro studio, mancando un sistema di stadiazione completo ed efficace. Inoltre la difficoltà nel rilevare le lesioni e il conseguente ritardo nella diagnosi contribuisce a determinare una prognosi peggiore rispetto ai melanomi cutanei. 

Negli ultimi 10 anni William Vermi, in stretta collaborazione con il reparto di Otorinolaringoiatria dell’Asst Spedali Civili di Brescia e con l’Ospedale di Circolo di Varese, è riuscito a generare e caratterizzare linee cellulari da tumori di pazienti affetti da melanoma mucosale del tratto sinu-nasale.

Il progetto finanziato dalla borsa di studio, assegnata dalla Fondazione Spedali Civili grazie al lascito Morbio, si prefigge di identificare nuovi bersagli terapeutici grazie allo studio dell’assetto molecolare e immunologico. A carattere sperimentale multicentrico vede coinvolti, oltre all’Anatomia Patologica degli Spedali Civili, il laboratorio di Genomica Funzionale dell’Università di Verona e l’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia.

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Ruolo della citoflurimetria per terapie con CAR-T

Ruolo della citoflurimetria multiparametrica nello sviluppo e nel miglioramento dell’efficacia delle terapie basate sull’utilizzo di CAR-T in ambito onco-ematologico.

Le terapie basate sull’utilizzo di CAR-T (acronimo dell’inglese Chimeric Antigen Receptor T cell therapies) rappresentano strategie di ultima generazione, attualmente indicate per alcune forme di linfomi e leucemie, in cui i trattamenti di prima e seconda linea si sono dimostrati inefficaci. Nel complesso, rappresentano una delle più promettenti frontiere in campo onco-ematologico. Esse sono considerate rivoluzionarie grazie alla possibilità di eliminare le cellule tumorali in modo personalizzato, utilizzando i linfociti T del paziente che, opportunamente ingegnerizzati, vengono reinfusi e risultano letali per le cellule tumorali.

Il progetto, finanziato dalla borsa di studio assegnata da Fondazione Spedali Civili grazie al lascito Morbio, ha l’obiettivo di migliorare l’efficacia della terapia CAR-T attraverso una più accurata selezione dei pazienti da trattare e con un più attento monitoraggio della terapia stessa, consentendo un’ottimizzazione della gestione clinica del paziente attraverso l’uso della citofluorimetria, che rappresenta una tecnica di laboratorio cardine nello studio delle terapie CAR-T in ambito onco-ematologico. Consente, infatti, di caratterizzare il percorso terapeutico, dalla diagnosi della malattia al monitoraggio dell’espansione e persistenza delle cellule CAR-T infuse nel paziente, fino alla valutazione della ricostituzione immunologica in fase di remissione.

Lo studio, guidato da Marco Chiarini, responsabile del Settore Citofluorimetria del Laboratorio di Analisi Chimico-cliniche dell’Asst Spedali Civili, verrà svolto in collaborazione con l’Ematologia, l’Onco-ematologia pediatrica e il reparto di Trapianto di midollo osseo adulti dell’Asst Spedali Civili.

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Disregolazione del sistema immunitario

Studio delle malattie da disregolazione del sistema immunitario e sviluppo di terapie personalizzate.

Il progetto è stato sottoposto alla Fondazione Spedali Civili dalla Fondazione Golgi, che lo ha selezionato attraverso un bando di ricerca, per un co-finanziamento al 50%. Con il termine di disregolazione del sistema immunitario ci si riferisce a quelle condizioni che presentano un difetto funzionale delle stesso sistema. Questo difetto si può tradurre in ipofunzione, da cui le immunodeficienze primitive, o in una iperattivazione, da cui le malattie autoinfiammatorie/autoimmuni.

Fino a qualche anno fa si pensava che ipofunzione e iperattivazione identificassero malattie diverse, in realtà i progressi della genetica e della biologia molecolare hanno consentito di avvicinare queste due condizioni apparentemente all’opposto e di dimostrare come lo stesso difetto genetico possa determinare sia una condizione di immunodeficienza che di autoimmunità. Recentemente sono stati identificati alcuni difetti genetici (come PI3K) responsabili dell’iperattivazione del sistema immune, cui fa seguito nel tempo un ‘esaurimento’ del sistema immune stesso.

L’identificazione di questi difetti genetici ha aperto la strada alla possibilità di sviluppare farmaci innovativi capaci di bloccare selettivamente la proteina mutata e quindi spegnere l’iperattivazione evitando così l’impiego di farmaci immunosoppressori che sono gravati da numerosi effetti collaterali. Questa tipologia di terapia specifica e mirata alla proteina mutata fa parte della cosiddetta ‘medicina personalizzata’.

L’obiettivo del progetto è studiare l’efficacia di farmaci sperimentali sul controllo dei sintomi clinici presentati dai pazienti affetti da APDS1.

Lo studio è possibile perché la Clinica Pediatrica dell’Asst Spedali Civili di Brescia è stata riconosciuta a livello europeo come centro di eccellenza per le immunodeficienze, le malattie autoinfiammatorie e quelle autoimmuni e per questa ragione sono numerosi i pazienti, che vi fanno riferimento.

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Il follow-up Estended include anche i pazienti Covid

Il progetto seguirà nel tempo i pazienti che siano stati ricoverati in terapia intensiva per almeo 72 ore

Agli Spedali Civili è attivo nell’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione 2 il Centro Follow-up che segue i pazienti dimessi dalle terapie intensive. Nel 2021 la Fondazione ha accolto la richiesta di sostenere finanziariamente il Centro Follow-up per estendere i controlli successivi alle dimissioni anche ai pazienti colpiti da Covid-19. Il progetto che ne è nato ha preso il nome “Follow-up Extended”.

Questo studio di coorte osservazionale, approvato dal Comitato Etico, mirava a indagare l’incidenza delle conseguenze a lungo termine negli adulti precedentemente ricoverati per Covid-19 agli Spedali Civili e a valutare i fattori di rischio per Long Covid a Brescia. Si tratta di un lavoro che, grazie a un campione di grandi dimensioni, ha una delle durate di follow-up più lunghe ad oggi esistenti. Tra marzo 2020 e aprile 2022 sono stati, infatti, raccolti i dati di follow-up su 2.974 pazienti con infezione confermata da Covid-19.

Per la sua realizzazione è stato utilizzato il protocollo standardizzato di raccolta dei dati di follow-up dell’ISARIC (International Severe Acute Respiratory and Emerging Infection Consortium) e si è operato con REDCap (Research Electronic Data Capture), un’applicazione web che garantisce elevati standard di sicurezza per la raccolta e la gestione online di sondaggi e database, e Microsoft Excel per la raccolta, l’archiviazione e la gestione dei dati.

Le caratteristiche di base, inclusi i dati demografici, i sintomi al momento del ricovero e i dati della fase acuta, come le comorbidità e la gravità della malattia, sono state estratte dalle cartelle cliniche e da un database degli Spedali Civili, utilizzato per raccogliere tutte le informazioni sui pazienti.

Tutte le comorbidità sono state segnalate dai pazienti e/o dai familiari al momento del ricovero in ospedale e successivamente ricontrollate durante il colloquio telefonico di follow-up. Le informazioni sulla condizione al momento dell’intervista e sui sintomi persistenti sono stati raccolti telefonicamente utilizzando il modulo ISARIC Long-term Follow-up Study case report form (CRF) sviluppato dal gruppo di lavoro ISARIC Global COVID-19 Follow-up, tradotto in italiano per semplificare il colloquio con i pazienti.

Nelle interviste è stato chiesto ai pazienti di confermare la propria identità e informazioni su ricovero e vaccinazioni, indagando successivamente le difficoltà di funzionamento prima del Covid-19 e al momento dell’intervista, con domande specifiche sulla salute e sulle attività quotidiane.

Nei pazienti finora inclusi nello studio, si è evidenziato come i sintomi del Long Covid siano persistiti dalla dimissione dall’ospedale fino al momento dei colloqui telefonici. Stanchezza cronica e problemi respiratori sono quelli più frequentemente riportati, ma sono comuni anche problemi di vista e difficoltà di memorizzazione. Si è, poi, evidenziata un’associazione tra malattia polmonare cronica e Covid-19 acuto grave, riscontro che conferma studi precedenti. Si è altresì rilevato che il sesso femminile è significativamente associato a un aumentato rischio di sintomi persistenti indipendentemente dalla loro categoria e che la malattia polmonare è un fattore di rischio per lo sviluppo di affaticamento cronico.

Questa imponente raccolta di dati ha reso possibile numerose pubblicazioni scientifiche. Tuttavia i modelli di sviluppo dei sintomi dopo Covid-19 dovrebbero essere ulteriormente approfonditi in ricerche future, che dovrebbero concentrarsi su pazienti con coinvolgimento multisistemico e follow-up più lungo.

Il finanziamento della Fondazione Spedali Civili Brescia è stato utilizzato per una borsa di studio a tempo pieno per Data Manager assegnata alla dottoressa Monica Lazzaroni, che ha lavorato in team con i professori Simone Piva e Nicola Latronico.

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Il progetto Identify per marcatori tumorali

Una ricerca per individuare nel sangue e nella saliva i marcatori che individuano recidive o neo-formazioni dei tumori testa-collo

E’ un progetto dal rilevante valore scientifico finalizzato alla prevenzione dei tumori nel distretto testa-collo per pazienti già operati per tali neoplasie. L’obiettivo è quello di capire, ricercando e validando profili di biomarcatori sia ematici che salivari (sostanze presenti nei liquidi corporei che risultano aumentate in caso di tumore), riuscendo così a intercettare segnali di ripresa della malattia prima che i tradizionali esami radiologici di controllo siano in grado di vederla.

Accelerare i tempi per rendere evidente la ripresa della malattia oncologica consente di anticipare le decisioni cliniche su quali trattamenti farmacologici intraprendere. Coordinatore e investigatore dello studio è il professor Paolo Bossi dell’Oncologia Medica degli Spedali Civili.

Il professor Bossi, oncologo medico, già ricercatore all’Istituto dei Tumori di Milano, ora svolge la sua attività di ricerca agli Spedali Civili e alla Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Brescia. Nel 2016 ha ricevuto il premio dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica per il miglior progetto di management multidisciplinare nel trattamento dei tumori della testa e del collo.

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Donazione di una centrifuga per il Laboratorio centrale

Una centrifuga per far fronte alle tante richieste

Grazie a un’erogazione liberale finalizzata effettuata dal Lions Club Colli Morenici la Fondazione ha acquistato una centrifuga da banco refrigerata che è stata donata nel 2020 al Laboratorio centrale di analisi degli Spedali Civili per aumentarne la dotazione strumentale, in un periodo in cui si è registrato un enorme sovraccarico di esami da eseguire nel più breve tempo possibile.

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Donazione di 2 dermoscopi «Fotofinder dermoscope Vexia»

Questi dermoscopi permettono di fare diagnosi di tumori della pelle in sicurezza

Sono stati donati nel 2020 per permettere le diagnosi di tumori alla pelle anche in situazioni di rischio di contagio per infezione da Coronavirus. La diagnosi, infatti, con questa nuova tipologia di strumentazione avviene senza rischio per i pazienti e per gli operatori sanitari.

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Donazione di 2 ecografi per visite a casa

Gli ecografi portatili consentono di effettuare controlli a casa delle gestanti

I Consultori familiari, che nel periodo dell’epidemia da Covid sono stati eseguiti a domicilio, sono servizi di frontiera a bassa soglia, difficilmente paragonabili agli ambulatori divisionali o ad altri servizi, con possibilità di accesso diretto (non mediato da altri professionisti) e largamente utilizzati da fasce di popolazione fragili soprattutto per le problematiche connesse alla gravidanza. Spesso le operatrici/gli operatori si trovano a dover prendere decisioni, non avendo a disposizione strumenti tecnologici, sulla base di valutazioni esclusivamente cliniche e anamnestiche. Inoltre, nei casi in cui sia necessario sottoporre le gravide a un esame ecografico, trovano non poche difficoltà ad assicurare accessi rapidi ai servizi preposti. Gli ecografi portatili consentono di effettuare l’esame come supporto alla visita ostetrica, finalizzato alla ricerca di elementi diagnostici che possono essere utilizzati a completamento del controllo clinico. Alcuni contributi della letteratura hanno evidenziato che la valutazione ecografica effettuata nei casi di emergenze ostetriche al momento della valutazione clinica può ridurre il ricorso al ricovero e genera un miglioramento dell’outcome. Il fatto di poter utilizzare durante la valutazione clinica, sia la semiotica, sia il supporto ecografico laddove necessario, rappresenta per l’ambito ostetrico un’opportunità a vantaggio delle donne, soprattutto di quelle appartenenti alla fascia di popolazione a maggior rischio.

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Donazione attrezzature presidio Montichiari

Le donazioni per l’ospedale di Montichiari

A partire dalla seconda metà di marzo 2020 un autonomo movimento di generosità è nato dalla Banca di Credito Cooperativo del Garda che su un conto corrente intestato alla Fondazione ha fatto affluire le erogazioni liberali del territorio monteclarense, destinandole al presidio ospedaliero di Montichiari. Tutte le forniture per Montichiari sono state acquistate direttamente dalla Fondazione.

Da questa generosità sono nate 3 linee di intervento:

1. Forniture per emergenza sanitaria da Covid

2. Forniture per blocco operatorio

3. Forniture per UOC Medicina generale

1. Su indicazione della Direzione sanitaria del presidio si è provveduto a veloci forniture destinate all’emergenza; in particolare sono state acquistate migliaia di mascherine FFP2, un migliaio di maschere per ventilazione CPAP, saturimetri, monitor, una sonda ecografica e una cappa a flusso laminare per il laboratorio di analisi.

2. La criticità era data dagli arredi e dalle attrezzature di complemento del blocco operatorio che risultavano vetuste. Sono stati perciò riarredati i locali delle pre-sale, dell’interno sala e della sala pre-anestesia. E’ stata sostituita la lavaferri indispensabile per la sterilizzazione degli strumenti. E’ stata installata una nuova colonna artroscopica per la Sala Ortopedia e Traumatologia. 

3. Per poter migliorare e mantenere la qualità dell’attività dell’UOC di Medicina generale era necessario rinnovare i locali dedicati e implementare la dotazione con l’acquisizione di nuovi arredi. In particolare è stata creata una nuova organizzazione dei locali di lavoro condivisi (box medici-infermieri) rispettosi delle necessità di distanziamento sociale.

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Gli effetti del Sars-CoV-2 sull’endotelio

Il virus colpisce anche il tessuto endoteliale, una ricerca ne studia i meccanismi

La pandemia Covid-19 ha rappresentato un incubo preoccupante per ogni medico e in definitiva per tutto il personale sanitario, indistintamente. I Sistemi Sanitari di tutto il mondo sono stati messi in grave difficoltà da una condizione patologica fino ad allora sconosciuta. In un’era di medicina basata sull’evidenza in cui le decisioni terapeutiche sono prese sulle più approfondite conoscenze disponibili, i medici sono stati forzatamente obbligati a concepire rapidamente terapie sperimentali per i loro pazienti, in particolare per quelli con malattia critica. Dopo l’inconsapevolezza iniziale e diverse proposte terapeutiche inefficaci, gli sforzi di medici e ricercatori hanno iniziato a permettere di comprendere le basi fisiopatologiche della malattia Covid-19 e conseguentemente sono stati ideati e testati approcci terapeutici promettenti.

L’attivazione e il danno endoteliale, insieme alle caratteristiche microangiopatiche e alle alterazioni indotte sull’angiogenesi, sono state descritte come caratteristiche fondamentali dell’infezione da Sars-CoV-2. Per questa ragione l’obiettivo principale di questo progetto è stato quello di valutare il conteggio delle Cellule Endoteliali Circolanti (CEC), come funzione del danno endoteliale, in pazienti affetti da polmonite Covid-19 con sindrome da distress respiratorio (ARDS). La novità assoluta, insita nello svolgimento dello studio, è stata la correlazione tra le informazioni cliniche, i risultati di attività funzionale e il profilo bio-molecolare da singola cellula endoteliale, ottenuta dall’espansione in vitro di un campione di sangue periferico al momento dell’arruolamento dei pazienti e dei soggetti sani di controllo. I risultati di questo progetto si inseriscono, quindi, perfettamente nell’ambito della comprensione delle basi fisiopatologiche e bio-molecolari, che sottendono alle manifestazioni cliniche dell’infezione Covid-19, in particolare nel caso di pazienti che presentano una sindrome da distress respiratorio (ARDS).

Le concomitanti prove che l’endotelio è di-sregolato in corso di infezione Covid-19, permettono di prevedere un ruolo promettente per terapie stabilizzanti l’endotelio. In particolare, i risultati dello studio segnano un passo avanti, poichè l’analisi bio-informatica su singola cellula è stata condotta su cellule endoteliali circolanti e progenitrici. Questo aspetto è ancora più rilevante, a causa del ruolo fondamentale che la disfunzione endoteliale (endotelialite) esercita sulla presentazione clinica dell’infezione Covid-19.

Nel periodo dal 27 ottobre 2020 al 6 aprile 2021, sono stati arruolati 34 pazienti, ricoverati nei reparti di Malattie Infettive e Medicina 2 dell’Asst Spedali Civili di Brescia, e 7 controlli sani. Tutti i pazienti presentavano una positività al tampone naso-faringeo per Sars-CoV-2, un quadro radiografico polmonare e/o TAC di polmonite interstiziale con calcolo dell’indice di gravità secondo l’algoritmo Brixia-score, ARDS da lieve a moderata secondo i criteri di Berlino. Il conteggio delle CEC (Cellule Endoteliali Circolanti), mediante analisi citofluorimetrica, ha evidenziato un incremento statisticamente significativo (p=0.02) del loro numero nei pazienti Covid-19 confermando l’evidenza di un danno endoteliale rispetto ai controlli sani; mentre il conteggio dei Progenitori Endoteliali Circolanti (EPC), come indice della capacità riparativa dell’endotelio, non ha permesso in fase acuta, di rilevare differenze rispetto ai controlli sani.

Le CEC espanse in vitro in coltura liquida, sia dai pazienti che dai soggetti sani di controllo, sono state sottoposte all’analisi dell’intero trascrittoma e dell’espressione delle proteine di superficie attraverso il ricorso a metodiche di RNA-sequencing su singola cellula. L’analisi dei dati bio-informatici ha permesso di identificare 305 geni deregolati, dei quali 173 up-regolati e 132 down-regolati. Nel gruppo dei pazienti sono risultati up-regolati alcuni pathways coinvolti nei meccanismi dell’attività infiammatoria, dell’attivazione dell’angiogenesi e dell’attivazione del complemento e della funzione coagulativa, mentre sono risultati down-regolati i geni coinvolti nei meccanismi di transizione epitelio-mesenchimale e quelli che codificano per la matrice extra-cellulare.

Oltre ad aver evidenziato un’alterazione (ipoplastica o iperplastica) dell’attività angiogenica

nei pazienti Covid-19 rispetto ai controlli sani, i risultati del “tube formation assay” hanno consentito di individuare due sottogruppi di pazienti, in base alla capacità o incapacità di formare in vitro una rete vascolare. Il dato sperimentale più rilevante è scaturito, quindi, dalla correlazione del dato funzionale (capacità di formare in vitro la rete vascolare) con l’analisi dei dati bio-informatici e con le caratteristiche cliniche dei pazienti in termini di presenza di comorbidità, terapie concomitanti, grado di compromissione dell’interstizio alveolare con lo scopo di valutarne l’eventuale impatto sul grado di deregolazione delle pathways analizzate. Infatti l’analisi dei dati bioinformatici ottenuti su singola CEC, ha evidenziato una chiara differenza dei programmi trascrizionali a seconda della capacità o incapacità di formazione in vitro della rete vascolare.

Il progetto è stato realizzato con la collaborazione di medici e ricercatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, di IFOM (Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare ETS), dell’Università di Brescia, del Centro Piattaforme Tecnologiche dell’Università di Verona, di BD Biosciences Europe e dell’Università di Chieti-Pescara. I risultati sono in corso di revisione per la pubblicazione su di una rivista scientifica internazionale di primario livello.

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Si studiano le aritmie collegate al Covid

Lo studio per determinare le aritmie in pazienti che hanno avuto il Covid

Il progetto “1000 ritmi del cuore” era stato pensato a fine 2019 come studio epidemiologico per analizzare la prevalenza di fibrillazione atriale e altre aritmie nella popolazione over 65 bresciana. Nel 2020 la Fondazione aveva provveduto all’acquisto dei dispositivi Holter necessari allo studio, come documentato nei Bilanci Sociali del 2020 e 2021. Poi la pandemia ha sconvolto tutto, lo studio è stato trasformato in chiave Covid ed è proseguito per tutto lo scorso anno. Nel 2022, infatti, la Fondazione ha ulteriormente contribuito al progetto con l’acquisto di 440 dispositivi monouso indispensabili all’applicazione degli Holter per un importo totale di 12.200 euro.

Questo studio prospettico mirava a valutare la prevalenza di aritmie cardiache a lungo termine in pazienti con cardiomiopatia o comorbidità cardiovascolari colpiti da una grave infezione da Covid-19, sei mesi dopo la dimissione dall’ospedale. I pazienti precedentemente ricoverati per Covid nel reparto di Cardiologia, dopo sei mesi dalla dimissione, sono stati chiamati a visita di controllo, durante la quale è stato loro applicato un monitor Holter con un elettrocardiografo (ECG) wireless 24 ore su 24 (Holter Rooti). Si tratta di minidevice di 14 grammi assicurati al torace da speciali adesivi, che consentono di registrare nelle 24 ore il tracciato elettrocardiografico, la pressione del sangue e le apnee notturne. Esclusi i referti che non evidenziavano anomalie, un elettrofisiologo ha esaminato quelli che segnalavano aritmie significative e li ha classificati secondo il seguente schema: fibrillazione atriale (FA), attività ectopica sopraventricolare o ventricolare, tachicardia ventricolare sostenuta (con durata >30s) o non sostenuta e bradicardia con frequenza cardiaca <45 bpm. Il sistema Holter ha fornito anche misurazioni della pressione sanguigna e dati sull’apnea notturna. Alla visita ambulatoriale, i pazienti sono stati intervistati anche per sintomi residui associati a Covid-19.

“1000 ritmi del cuore” è stato uno studio preliminare, le cui ridotte dimensioni del campione e la mancanza di un gruppo di controllo rappresentano i principali limiti, che ha comunque permesso di individuare in una percentuale significativa di soggetti apnee ostruttive notturne legate probabilmente al Covid, da tenere presenti come primo possibile segno di discomfort per polmoni, cervello e aritmie. Ulteriori approfondimenti, con coorti più ampie, sarebbero necessari per valutare il coinvolgimento cardiaco residuo nella fase di convalescenza per i pazienti che si sono ripresi dal danno cardiaco associato a Covid-19.

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CoronAID-Iperimmuni per i geni immunoglobulinici

Creare la più estesa libreria oggi disponibile di geni immunoglobulinici è l’obiettivo dello studio

Nel corso del 2022, il progetto CoronAid-iperimmuni ha proseguito la caratterizzazione funzionale di sette anticorpi prodotti in forma ricombinante, a partire da sequenze geniche ottenute da analisi a singola cellula di linfociti B della memoria diretti contro il ceppo Wuhan del virus Sars-CoV-2, presenti nel sangue periferico di individui convalescenti dopo infezione (prima ondata, Aprile Luglio 2020). La produzione di quantità sufficienti dei sette anticorpi ricombinanti è stata condotta grazie ad una collaborazione tra l’unità del dottor Stefano Casola (IFOM – Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare ETS ) e quella della dottoressa Gunilla Karlsson Hedestam del Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia), rinomata nel campo dello studio dell’immunità mediata da anticorpi nell’uomo.

Gli anticorpi sintetici anti-Sars-CoV-2 sono serviti inizialmente per confermare attraverso saggi ELISA la capacità di riconoscere il dominio RBD della proteina Spike di Sars-CoV-2. L’esito positivo del saggio per 6 dei 7 anticorpi isolati ha confermato la qualità della strategia originaria di isolamento di rari linfociti B selezionati dai donatori di sangue convalescenti per malattia Covid19, mettendo in evidenza la potenza dei saggi molecolari a singola cellula utilizzati per lo studio, così da costruire librerie complesse di anticorpi diretti contro qualsiasi potenziale patogeno.

Il passo successivo è stato quello di verificare la capacità neutralizzante dei sette anticorpi ricombinanti. A tale scopo, grazie all’esperienza sviluppata dal dottor Daniel Sheward nel laboratorio della dottoressa Karlsson-Hedestam, sono stati eseguiti, in collaborazione con i colleghi svedesi, esperimenti di infezione in vitro usando pseudovirus ingegnerizzati per esprimere la proteina Spike 1 di Sars-CoV-2. Lo studio ha previsto l’infezione di cellule bersaglio esprimenti il recettore ACE2 con pseudovirus esprimenti la proteina Spike di Sars-CoV-2. E’ stato misurato individualmente l’effetto neutralizzante di ciascuno dei sette anticorpi aggiunti alla coltura cellulare sottoposta ad infezione, sfruttando la capacità dello pseudovirus di esprimere una proteina facilmente misurabile una volta infettata la cellula bersaglio.

I risultati degli esperimenti hanno messo in evidenza che 5 dei 6 anticorpi anti-Sars-CoV-2 prodotti esplicano (con potenza diversa) attività neutralizzante nei confronti di infezione con virus esprimente la proteina Spike del ceppo Wuhan. In particolare si sono identificati due anticorpi dal potere neutralizzante estremamente elevato (IC50: < 10ng/ml). Si è testato se questi ultimi fossero capaci di neutralizzare anche varianti di Sars-CoV-2 isolate durante ondate successive della pandemia. I risultati hanno dimostrato che uno dei due anticorpi (# 282), continua a neutralizzare con estrema efficacia infezioni con pseudovirus esperimenti varianti di Spike comparsi durante le ondate successive della pandemia fino ad arrivare alle recenti sotto varianti del ceppo omicron (beta, BA.1, BA.2. BA.5, BA.2.75) (vedi Figura 1). Questi risultati sono sorprendenti, considerando che le varianti di Sars-CoV2 bloccate dall’anticorpo più potente della serie di 7, sono comparse ben 2 anni dopo la prima ondata e sono il risultato dell’acquisizione progressiva di oltre 20 mutazioni nel dominio RBD della proteina Spike. Complessivamente questo studio ha portato all’isolamento di un anticorpo efficace nel neutralizzare più varianti di Sars-CoV-2, dalla potenza superiore a quella di diversi anticorpi commerciali usati nella clinica per proteggere pazienti fragili affetti da malattia Covid19.

Un secondo progetto, nato dalla creazione di una libreria di anticorpi anti-Sars-CoV-2, è risultato dall’osservazione che alcuni linfociti B reattivi al virus Sars-CoV-2 producono contemporaneamente due tipi diversi di anticorpi. Questa proprietà è insolita in quanto notoriamente ogni linfocita B sviluppa un singolo tipo di anticorpo. Si è deciso di produrre in forma ricombinante gli anticorpi isolati da questi rari linfociti B anti-Sars-CoV-2 “bi-specifici” con l’obiettivo di comprendere se entrambi i tipi di anticorpo riconoscano il dominio RBD della proteina Spike. Studi sono in corso per raggiungere questo obiettivo.

Nel 2022, i risultati delle ricerche descritte sono stati divulgati dal Dottor Casola nel corso del 13esimo meeting annuale della Società Italiana di Immunologia, Immunologia Clinica e Allergologia (SIICA) a Napoli, con una presentazione orale. I risultati acquisiti dal consorzio CI saranno inoltre raccolti in un lavoro scientifico che verrà sottomesso entro la fine del 2023 per la pubblicazione su una rivista scientifica peer-review internazionale.

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