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Gli effetti del Sars-CoV-2 sull’endotelio

Gli effetti del Sars-CoV-2 sull’endotelio

Il virus colpisce anche il tessuto endoteliale, una ricerca ne studia i meccanismi

La pandemia Covid-19 ha rappresentato un incubo preoccupante per ogni medico e in definitiva per tutto il personale sanitario, indistintamente. I Sistemi Sanitari di tutto il mondo sono stati messi in grave difficoltà da una condizione patologica fino ad allora sconosciuta. In un’era di medicina basata sull’evidenza in cui le decisioni terapeutiche sono prese sulle più approfondite conoscenze disponibili, i medici sono stati forzatamente obbligati a concepire rapidamente terapie sperimentali per i loro pazienti, in particolare per quelli con malattia critica. Dopo l’inconsapevolezza iniziale e diverse proposte terapeutiche inefficaci, gli sforzi di medici e ricercatori hanno iniziato a permettere di comprendere le basi fisiopatologiche della malattia Covid-19 e conseguentemente sono stati ideati e testati approcci terapeutici promettenti.

L’attivazione e il danno endoteliale, insieme alle caratteristiche microangiopatiche e alle alterazioni indotte sull’angiogenesi, sono state descritte come caratteristiche fondamentali dell’infezione da Sars-CoV-2. Per questa ragione l’obiettivo principale di questo progetto è stato quello di valutare il conteggio delle Cellule Endoteliali Circolanti (CEC), come funzione del danno endoteliale, in pazienti affetti da polmonite Covid-19 con sindrome da distress respiratorio (ARDS). La novità assoluta, insita nello svolgimento dello studio, è stata la correlazione tra le informazioni cliniche, i risultati di attività funzionale e il profilo bio-molecolare da singola cellula endoteliale, ottenuta dall’espansione in vitro di un campione di sangue periferico al momento dell’arruolamento dei pazienti e dei soggetti sani di controllo. I risultati di questo progetto si inseriscono, quindi, perfettamente nell’ambito della comprensione delle basi fisiopatologiche e bio-molecolari, che sottendono alle manifestazioni cliniche dell’infezione Covid-19, in particolare nel caso di pazienti che presentano una sindrome da distress respiratorio (ARDS).

Le concomitanti prove che l’endotelio è di-sregolato in corso di infezione Covid-19, permettono di prevedere un ruolo promettente per terapie stabilizzanti l’endotelio. In particolare, i risultati dello studio segnano un passo avanti, poichè l’analisi bio-informatica su singola cellula è stata condotta su cellule endoteliali circolanti e progenitrici. Questo aspetto è ancora più rilevante, a causa del ruolo fondamentale che la disfunzione endoteliale (endotelialite) esercita sulla presentazione clinica dell’infezione Covid-19.

Nel periodo dal 27 ottobre 2020 al 6 aprile 2021, sono stati arruolati 34 pazienti, ricoverati nei reparti di Malattie Infettive e Medicina 2 dell’Asst Spedali Civili di Brescia, e 7 controlli sani. Tutti i pazienti presentavano una positività al tampone naso-faringeo per Sars-CoV-2, un quadro radiografico polmonare e/o TAC di polmonite interstiziale con calcolo dell’indice di gravità secondo l’algoritmo Brixia-score, ARDS da lieve a moderata secondo i criteri di Berlino. Il conteggio delle CEC (Cellule Endoteliali Circolanti), mediante analisi citofluorimetrica, ha evidenziato un incremento statisticamente significativo (p=0.02) del loro numero nei pazienti Covid-19 confermando l’evidenza di un danno endoteliale rispetto ai controlli sani; mentre il conteggio dei Progenitori Endoteliali Circolanti (EPC), come indice della capacità riparativa dell’endotelio, non ha permesso in fase acuta, di rilevare differenze rispetto ai controlli sani.

Le CEC espanse in vitro in coltura liquida, sia dai pazienti che dai soggetti sani di controllo, sono state sottoposte all’analisi dell’intero trascrittoma e dell’espressione delle proteine di superficie attraverso il ricorso a metodiche di RNA-sequencing su singola cellula. L’analisi dei dati bio-informatici ha permesso di identificare 305 geni deregolati, dei quali 173 up-regolati e 132 down-regolati. Nel gruppo dei pazienti sono risultati up-regolati alcuni pathways coinvolti nei meccanismi dell’attività infiammatoria, dell’attivazione dell’angiogenesi e dell’attivazione del complemento e della funzione coagulativa, mentre sono risultati down-regolati i geni coinvolti nei meccanismi di transizione epitelio-mesenchimale e quelli che codificano per la matrice extra-cellulare.

Oltre ad aver evidenziato un’alterazione (ipoplastica o iperplastica) dell’attività angiogenica

nei pazienti Covid-19 rispetto ai controlli sani, i risultati del “tube formation assay” hanno consentito di individuare due sottogruppi di pazienti, in base alla capacità o incapacità di formare in vitro una rete vascolare. Il dato sperimentale più rilevante è scaturito, quindi, dalla correlazione del dato funzionale (capacità di formare in vitro la rete vascolare) con l’analisi dei dati bio-informatici e con le caratteristiche cliniche dei pazienti in termini di presenza di comorbidità, terapie concomitanti, grado di compromissione dell’interstizio alveolare con lo scopo di valutarne l’eventuale impatto sul grado di deregolazione delle pathways analizzate. Infatti l’analisi dei dati bioinformatici ottenuti su singola CEC, ha evidenziato una chiara differenza dei programmi trascrizionali a seconda della capacità o incapacità di formazione in vitro della rete vascolare.

Il progetto è stato realizzato con la collaborazione di medici e ricercatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, di IFOM (Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare ETS), dell’Università di Brescia, del Centro Piattaforme Tecnologiche dell’Università di Verona, di BD Biosciences Europe e dell’Università di Chieti-Pescara. I risultati sono in corso di revisione per la pubblicazione su di una rivista scientifica internazionale di primario livello.